Sistema Cardiovascolare

Colesterolo e trigliceridi alti: quali integratori per coadiuvare la dietoterapia?

Colesterolo e trigliceridi alti: quali integratori per coadiuvare la dietoterapia?

 

Le malattie cardiovascolari sono le principali cause di decesso nella popolazione italiana. Eppure intercettare i loro fattori di rischio è possibile e, di conseguenza, è possibile mettere in pratica efficaci strategie preventive che riducano la probabilità di ritrovarsi alle prese con eventi potenzialmente fatali come infarto e ictus.

 

Fra questi fattori di rischio sono inclusi livelli ematici alterati di colesterolo e di trigliceridi. Gestirli e riportarli, se possibile, entro intervalli considerati salutari richiede di prestare una particolare attenzione anche all'alimentazione. Tuttavia, la dietoterapia non è sempre efficace tanto quanto si vorrebbe, complici anche le difficoltà che i pazienti incontrano nell'aderire ai piani alimentari che vengono loro proposti.

 

Gli integratori alimentari possono rappresentare un valido aiuto sia nei casi più resistenti alla dietoterapia – quelli in cui, nonostante un'apparente aderenza al piano alimentare prescritto, colesterolo e trigliceridi non diminuiscono quanto si vorrebbe – sia per aumentare l'aderenza del paziente alla dietoterapia stessa, motivandolo alla luce dei risultati ottenuti sui parametri ematici alterati.

 

Ma quali integratori scegliere per coadiuvare la dieta ipolipidemizzante?

 

Combattere il colesterolo con gli integratori

 

Per quanto riguarda il colesterolo, è prima di tutto bene ricordare le soglie al di sotto o al di sopra delle quali la concentrazione delle diverse forme in cui è presente nel torrente ematico è considerata ottimale:

 

  • colesterolo totale: non superiore a 200 mg/dL
  • LDL (Low Density Lipoprotein, o colesterolo “cattivo”): non superiore a 100 mg/dL
  • HDL (High Density Lipoprotein, o colesterolo “buono”): non inferiore a 50 mg/dL (uomini) o a 40 mg/dL (donne)

 

La possibilità di ricorrere al trattamento con statine (il gold standard nella gestione farmacologica dell'ipercolesterolemia) dipende dall'età del paziente e del suo rischio a 10 anni di malattie aterosclerotiche. Inoltre, l'Agenzia Italiana del Farmaco (Aifa) riconosce la prescrizione delle statine a carico del Servizio Sanitario Nazionale (SSN) solo nei casi in cui non si riesca a correggere un'ipercolesterolemia elevata con il solo approccio dietoterapico, tentato per almeno 3 mesi, e di ipercolesterolemia poligenica.

 

Il campo di azione del professionista della nutrizione nella lotta contro il colesterolo alto è quindi piuttosto ampio. Qualunque paziente dovrebbe valutare cambiamenti nelle proprie abitudini alimentari indipendentemente dalla prescrizione di statine; per di più, in molti casi prima di passare all'approccio farmacologico è necessario tentare la strada della riduzione attraverso la dietoterapia.

 

Gli integratori a base di riso rosso fermentato hanno coadiuvato le diete ipocolesterolemizzanti per moltissimo tempo. Oggi, però, la possibilità di sfruttare le loro proprietà è stato limitato in virtù del fatto che si tratta di fonti di una vera e propria statina naturale e, quindi, dei timori circa i loro possibili effetti collaterali. Ciò ha portato molte aziende a riformulare i propri prodotti, puntando su principi attivi diversi dalle monacoline del riso rosso fermentato. Fra questi spicca l'estratto secco di carciofo (Cynara cardunculus) titolato in acido clorogenico e luteolina.

 

L'uso medicinale tradizionale del carciofo è stato suffragato, nel XX secolo, da ricerche che hanno dimostrato, fra le altre, la sua capacità di ridurre i lipidi ematici e lo stress ossidativo (un fenomeno che contribuisce all'aterosclerosi). Oggi, anche il Ministero della Salute riconosce gli effetti antiossidanti e di modulazione del metabolismo dei lipidi dell'estratto di foglie di carciofo. Per poter beneficiare di queste proprietà è però necessario utilizzare dosi elevate degli attivi dell'estratto. Per questo è fondamentale affidarsi a integratori a base di estratti titolati in:

 

  • acido clorogenico e derivati (10-12%): per un'azione inibitoria della sintesi del colesterolo, della sintesi degli acidi grassi e della digestione dei grassi alimentari;
  • luteolina-7-glucoside e derivati (2-4%): per un'azione inibitoria nei confronti della sintesi del colesterolo e del suo assorbimento intestinale e antiossidante nei confronti delle LDL.

 

In individui sovrappeso con diagnosi di sindrome metabolica non in trattamento con statine, l'assunzione di 150 mg al giorno di un estratto di carciofo di questo tipo, protratta per 6 mesi, è stata associata al miglioramento dei livelli di colesterolo totale e LDL e del profilo cardiovascolare (valutato in termini di vasodilatazione flusso-mediata e spessore intima-media della carotide).

 

Inibendo la sintesi del colesterolo con meccanismi analoghi alle statine (inibisce l'enzima HMG-CoA reduttasi) l'estratto di carciofo potrebbe portare con sé il timore di riduzione della sintesi di Coenzima Q10 (e, quindi, di problemi muscolari). Per questo è consigliabile scegliere integratori che contengano anche questo attivo.

 

L'aggiunta di altri ingredienti in grado di controllare il colesterolo ematico (come le stesse monacoline da riso rosso fermentato, nelle concentrazioni oggi ammesse), di antiossidanti e di nutrienti che promuovono la buona salute cardiometabolica è un valore aggiunto da non sottovalutare.

 

Gli integratori nella gestione dei trigliceridi

 

Lo stesso trattamento che ha dimostrato la capacità dell'estratto di carciofo titolato di ridurre colesterolo totale e LDL ha prodotto anche un abbassamento dei trigliceridi, nel cui caso, però, gli integratori potenzialmente più utili sono senza dubbio quelli a base di Omega 3. L'efficacia di questi grassi polinsaturi nel controllo dell'ipertrigliceridemia è ormai fuori dubbio, tanto che l'Autorità europea per la sicurezza alimentare (EFSA) ha autorizzato una dichiarazione nutrizionale riguardante proprio questa loro proprietà. Non solo, alcuni farmaci a base di dosi elevate di Omega 3 sono utilizzati proprio in caso di ipertrigliceridemia.

 

In condizioni ottimali, le concentrazioni ematiche di trigliceridi non superano i 150 mg/dL. Livelli compresi tra 150 e 199 mg/dL sono da attenzionare, ma non sono ancora considerati abbastanza alti da indurre alla prescrizione di farmaci. Al superamento dei 250 mg/dL la situazione diventa invece più pericolosa; se, poi, si sforano i 500 mg/dL anche il pancreas corre seri pericoli. Facendo riferimento alle linee guida del National Cholesterol Education Program Adult Treatment Panel III (NCEP ATP III), è possibile parlare di trigliceridi lievemente alti (tra 150 e 199 mg/dL), alti (tra 200 e 499 mg/dL) e molto alti (a partire da 500 mg/dL).

 

La Società Europea di Cardiologia (ESC) suggerisce di prendere in considerazione il trattamento farmacologico solo a partire da concentrazioni pari a 200 mg/dL. Bastano, però, trigliceridi lievemente alti perché il rischio cardiovascolare aumenti. Per questo il professionista della nutrizione entra in gioco ben prima dei farmaci. Il suo primo, fondamentale, compito è suggerire le modifiche nelle abitudini alimentari che possono aiutare a correggere l'ipetrigliceridemia – un compito in cui può essere aiutato proprio dagli integratori di Omega 3.

 

Come accennato, l'EFSA autorizza l'uso in etichetta della dichiarazione nutrizionale secondo cui «il DHA contribuisce a mantenere i livelli di trigliceridi nella norma». Per un uso corretto è però necessario di ricordare che il dosaggio necessario per poter sperare in questo beneficio è di ben 2 grammi al giorno di una combinazione di EPA + DHA.

 

È proprio questo elevato dosaggio, difficile da raggiungere con la sola alimentazione, a rendere gli integratori di Omega 3 preziosi alleati della dietoterapia. Per un uso corretto è bene ricordare che:

 

  • l'integratore scelto per la gestione del problema deve contenere DHA in combinazione con EPA;
  • il prodotto deve poter fornire 2 grammi di EPA + DHA al giorno senza costringere all'assunzione di un numero troppo elevato di capsule;
  • non si deve mai superare un'assunzione giornaliera totale superiore a 5 grammi di EPA + DHA.

 

Infine, vale sempre la pena di ricordare anche l'importanza di affidarsi a prodotti di qualità, concentrazione e purezza certificate. Nel caso degli Omega 3 di origine marina, la miglior certificazione su cui basare la propria scelta è quella rilasciata dal programma IFOS (International Fish Oil Standards). Per approfondire questo aspetto è possibile ascoltare l'episodio 10 di “Perle di Benessere”, il podcast sul mondo degli Omega 3 prodotto da Omegor. Si intitola “Quale integratore?” ed è disponibile a questo link.

 



 

Riferimenti bibliografici

 

2019 ESC/EAS Guidelines for the management of dyslipidaemias: lipid modification to reduce

cardiovascular risk. European Heart Journal (2020) 41, 111188. doi:10.1093/eurheartj/ehz455

 

Agenzia Italiana del Farmaco. Aggiornamento della Nota AIFA 13 di cui alla determinazione AIFA n. 191 del 06/05/2022

 

American Heart Association. Prevention and Treatment of High Cholesterol (Hyperlipidemia). Ultima visualizzazione 4 aprile 2023

 

Castellino G et al. Altilix® Supplement Containing Chlorogenic Acid and Luteolin Improved Hepatic and Cardiometabolic Parameters in Subjects with Metabolic Syndrome: A 6 Month Randomized, Double-Blind, Placebo-Controlled Study. Nutrients. 2019 Nov; 11(11): 2580. doi: 10.3390/nu11112580

 

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