Glossario

DHA, ALA, MUFA…  

Il mondo degli Omega-3 è abitato da sigle e termini scientifici complicati, inaccessibili alla maggior parte delle persone. 

Abbiamo quindi pensato di creare un glossario che traducesse questo linguaggio complesso in parole che puoi facilmente comprendere e ricordare. Ecco, dunque, la tua porta d’ingresso al mondo degli Omega-3. 

Coltiva la tua curiosità. Nutri il tuo benessere. 

Acidi grassi
Partiamo dalle basi. Gli acidi grassi sono dei composti costituiti da una catena carboniosa formata da atomi di carbonio (fino a 30, di solito tra i 14 e i 22) a cui si legano atomi di idrogeno e ossigeno. 

Li possiamo suddividere in 3 categorie: 

  • Acidi grassi saturi (SFA): solidi a temperatura ambiente. Sono caratterizzati da una forma lineare che permette loro di formare strutture compatte 
  • Acidi grassi monoinsaturi (MUFA): liquidi, ma pronti a solidificarsi quando il termometro scende. La loro catena carboniosa è più flessibile poiché contiene un doppio legame. La presenza del doppio legame genera un ripiegamento che porta la molecola ad occupare più spazio. Per questo motivo le strutture che si formano risultano meno compatte. 
  • Acidi grassi polinsaturi (PUFA): sempre liquidi, anche nel freezer! La loro catena contiene più doppi legami, di conseguenza formano strutture ancora meno compatte rispetto ai MUFA. 

Questi sono i componenti principali dei trigliceridi e dei fosfolipidi. 

Il grado di insaturazione (ossia la presenza, tra due atomi di carbonio, di doppi legami) non è solo una curiosità chimica: questa distinzione è di grande interesse per chi, come noi, ha a cuore il tuo benessere. Un consumo eccessivo di grassi saturi, infatti, è associata ad alti livelli di colesterolo, proprio per la loro capacità di formare strutture compatte. Mentre, al contrario, nutrirsi di acidi grassi polinsaturi, come quelli che si trovano negli oli ottenuti dai pesci, abbassa il livello di colesterolo. 

Acidi grassi essenziali 
Fondamentali. Ecco cosa sono, in brevissimo. Si tratta di acidi grassi polinsaturi che svolgono un ruolo importantissimo per il tuo benessere. 

Questi si dividono in 2 principali categorie: Omega-3 e Omega-6. I numeri 3 e 6 non sono casuali, ma si riferiscono alla posizione del primo doppio legame nella catena carboniosa, contando dall’estremità della molecola. Il termine “omega”, invece, deriva dall’ultima lettera dell’alfabeto greco e viene utilizzato in ambito scientifico per definire un’estremità. 

Il tuo organismo è in grado di sintetizzare molti tipi di grassi partendo da elementi base, come glucosio e aminoacidi. Questo processo, chiamato sintesi “de novo”, non avviene, però, nel caso degli acidi grassi essenziali, che non possono essere prodotti dal nostro corpo e che devono, per questo, essere introdotti tramite alimentazione o integrazione. 

Acidi grassi monoinsaturi (MUFA) 
Flessibilità. È una parola chiave quando parliamo di acidi grassi monoinsaturi. 

La loro catena carboniosa contiene un doppio legame tra due atomi di carbonio che non è saturato da atomi di idrogeno. Da qui il termine “insaturo”. Questa particolare configurazione conferisce ai MUFA una caratteristica molto interessante: la flessibilità. La presenza del doppio legame permette infatti alla catena di deformarsi più liberamente nello spazio. 

Una caratteristica distintiva dei MUFA è il comportamento in risposta alla temperatura: a temperatura ambiente si presentano in forma liquida, a mano a mano che si abbassano le temperature tendono a solidificare. Pensa a come si comporta l’olio d’oliva (che contiene l’acido oleico, monoinsaturo): è liquido a temperatura ambiente, tende a solidificare in freezer. 

Acidi grassi Omega-3 
Arriviamo ai nostri grandi protagonisti: gli Omega-3, una famiglia di acidi grassi polinsaturi che abbonda negli oli di pesce. La loro struttura unica, con il primo doppio legame al terzo atomo di carbonio, li rende preziosi per il nostro benessere, poiché: 

  • Rendono le membrane cellulari più fluide, permettendo scambi vitali e una comunicazione intercellulare efficace. 
  • Controllano le reazioni infiammatorie. 
  • Aiutano il corpo a combattere le aggressioni esterne. 
  • Mantengono il sangue fluido, prevenendo la formazione di coaguli. 

EPA, DHA e ALA sono i principali membri di questa famiglia.  

Acido alfa-linolenico (ALA) 
Immagina un seme da cui si origina una rigogliosa foresta: ecco, l’ALA è il seme per gli Omega-3 a catena lunga.  

Questo acido grasso essenziale, di origine principalmente vegetale, si trova in alcune alghe, nei legumi verdi e in semi come quelli di lino. Una volta introdotto nel nostro corpo, l’ALA si trasforma in EPA e DHA, due preziosi acidi grassi a catena lunga – una conversione tutt’altro che semplice e non sempre efficiente.  

Dal punto di vista chimico, la sua catena carboniosa contiene 18 atomi di carbonio e 3 doppi legami: C18:3n-3. Il valore immediatamente successivo alla C indica il numero di atomi di carbonio dell’acido grasso essenziale, mentre quello che segue i due punti segnala quanti doppi legami sono presenti nella molecola. 

Acido eicosapentaenoico (EPA) 
L’acido eicosapentaenoico nasce da una conversione: l’ALA si trasforma parzialmente in EPA, pronto a entrare in azione con effetti più diretti e potenti. L’EPA è infatti il precursore di una classe di molecole (gli eicosanoidi della serie 3) che partecipano alla lotta contro infezioni, infiammazioni e cellule cancerose. 

Guardando da vicino la sua “anatomia molecolare”, vediamo che contiene 20 atomi di carbonio e 5 doppi legami (C20:5n-3). 

Gli studi rivelano che l’efficienza della sintesi di EPA a partire dall’ALA è in realtà molto bassa: solo il 5-10% dell’ALA viene convertito in EPA. Ecco perché, se vuoi davvero beneficiare di tutti i poteri dell’acido eicosapentaenoico, è meglio assumerlo già trasformato, senza lasciare che sia il tuo corpo a sintetizzarlo. 

Ma il gioco di conversioni e sintesi non finisce qui: quando l’EPA è abbondante, si trasforma a sua volta parzialmente in DHA, l’acido docosaesaenoico. EPA e DHA sono entrambi presenti, in natura, nell’olio di pesce. 

Acido docosaesaenoico (DHA) 
Straordinario. Lo definiamo tale poiché questo acido grasso Omega-3 è coinvolto nella composizione lipidica delle membrane cellulari, soprattutto nei lipidi del cervello, dello sperma e della retina. E nei neonati svolge un ruolo ancor più cruciale poiché, se presente in abbondanza nel latte materno, aiuta lo sviluppo del cervello. 

La sua formula chimica è C22:6n-3. La catena carboniosa contiene quindi 22 atomi di carbonio e 6 doppi legami. 

Il DHA nasce da una serie di trasformazioni che hanno come punto di partenza l’EPA. La cosa interessante è che, usando gli stessi enzimi che lo hanno creato, il DHA può trasformarsi di nuovo in EPA. Il processo, però, è complicato e poco efficiente. Per questa ragione, l’integrazione alimentare di solo DHA (senza EPA) non ha un effetto così potente come l’integrazione di EPA.  

Ricordiamo che il nostro organismo ha infatti bisogno di entrambi questi acidi grassi Omega-3 per mantenersi in uno stato di benessere: mentre il DHA è coinvolto nella struttura delle cellule, l’EPA ha un’azione più diretta e mirata sull’equilibrio delle reazioni fisiologiche.  

Acidi grassi Omega-6 
Sono essenziali, proprio come gli Omega-3, ma hanno un ruolo diverso.  

Gli acidi grassi Omega-6 sono indispensabili per strutturare le membrane cellulari e agiscono sull’equilibrio delle reazioni fisiologiche dell’organismo. Non solo: sono anche i precursori di molecole che favoriscono le reazioni infiammatorie (gli eicosanoidi pro-infiammatori). Queste reazioni sono importanti per il corretto funzionamento del nostro organismo, a patto che la presenza di Omega-6 sia bilanciata da acidi grassi Omega-3 (soprattutto dell’EPA, che svolge una funzione stabilizzante). 

In caso di sbilanciamento, infatti, si può andare incontro a reazioni infiammatorie eccessive (come l’artrite) o persino dar luogo ad alcune malattie autoimmuni – il sistema immunitario combatte contro l’organismo producendo anticorpi contro i normali tessuti. 

La chiave per una salute ottimale risiede quindi nel giusto equilibrio tra questi due gruppi di acidi grassi.  

I 3 principali acidi grassi Omega-6 sono l’acido linoleico (LA), l’acido gamma-linolenico (GLA) e l’acido arachidonico (AA). 

Acido linoleico (LA) 
Pensa a una goccia d’olio: ecco, ci sono buone probabilità che contenga una bella dose di LA. 

L’acido linoleico, precursore degli acidi grassi Omega-6 a catena lunga, si trova nella maggior parte degli oli vegetali (non è presente nell’olio d’oliva, nell’olio di semi di lino e nell’olio di colza) e abbonda nel granoturco. 

Al microscopio, si presenta come una catena carboniosa che contiene 18 atomi di carbonio e 2 doppi legami (C18:2). 

Acido gamma-linolenico (GLA) 
Siamo davanti al risultato della trasformazione enzimatica dell’acido linoleico: il nostro organismo trasforma infatti il LA in GLA, ​​un acido dalle note proprietà terapeutiche e nutrizionali. 

Il GLA si trova in diverse fonti vegetali (come il ribes nero) ed è disponibile come integratore dietetico sotto forma di olio, come per esempio l’olio di primula o di borragine. 

La struttura del GLA è simile a quella del LA, ma con un doppio legame in più: 18 atomi di carbonio e 3 doppi legami (C18:3). 

Acido arachidonico (AA) 
È l’acido grasso essenziale più abbondante nel nostro organismo. La sua struttura? 20 atomi di carbonio e 4 doppi legami. 

Deriva dal LA e dal GLA presenti nel cibo, ed è abbondante nei fosfolipidi animali. Per scopi commerciali, viene estratto dai lipidi del fegato, ma si trova anche in alcune felci e può essere prodotto dalla fermentazione di particolari microrganismi.  

Ma l’aspetto che più ci interessa in questa sede è il suo ruolo, fondamentale, nella struttura delle membrane cellulari, in particolare quella dei neuroni del cervello. 

L’AA è anche il punto di partenza per la produzione degli eicosanoidi della serie 2, sostanze coinvolte nella risposta infiammatoria dell'organismo: prostaglandine, trombossani e leucotrieni. Questi composti agiscono come ormoni locali a breve durata (ormoni autocrini) capaci di influenzare, molto rapidamente, le cellule vicine. 

Parte dell’attività terapeutica dei farmaci antinfiammatori non steroidei (per es., l’aspirina) è attribuita infatti all’inibizione della sintesi delle prostaglandine e di conseguenza al metabolismo degli eicosanoidi.    

Acidi grassi polinsaturi (PUFA) 
Immagina una catena di carbonio con tanti doppi legami carbonio-carbonio non saturati da atomi di idrogeno. Ecco, questa è la struttura dei PUFA. Ed è per via di questa struttura che questi acidi grassi sono così flessibili e si mantengono liquidi anche a basse temperature. Proprietà che li rendono unici nel mondo dei grassi. 

Questa flessibilità è infatti fondamentale per le membrane cellulari: permette loro di funzionare in modo ottimale. 

Acidi grassi saturi (SFA) 
Ora immagina una catena di carbonio in cui ogni anello è circondato (saturato) da atomi di idrogeno: questa struttura rende i SFA particolarmente rigidi. E questa rigidità è la ragione per cui grassi come il burro sono solidi a temperatura ambiente. 

Questa struttura ha un effetto sulle membrane cellulari, poiché rende più difficile la comunicazione e gli scambi: è come se le cellule parlassero attraverso un muro spesso anziché una tenda sottile. Condizione che non favorisce il mantenimento di un buon equilibrio fisiologico. 

Colesterolo 
Nel sangue, nei muscoli, nel fegato, nel cervello... Il colesterolo, che fa parte della famiglia dei lipidi, si trova praticamente ovunque. 

Entra a far parte della struttura di molte membrane e influenza la loro flessibilità. Questo, forse, è noto. Meno risaputo è invece il suo ruolo di precursore sintetico di ormoni molto importanti, come gli ormoni sessuali, l’adrenalina e il cortisolo.  

Da dove deriva il colesterolo? È prodotto nel nostro organismo, in particolare nel fegato, e proviene anche dall’alimentazione (da carni, prodotti lattiero-caseari, frutti di mare e pesce). 

Come sempre, la chiave per il benessere è l’equilibrio: una quantità giusta di colesterolo è necessaria al mantenimento di un buono stato di salute, mentre un eccesso potrebbe diventare nocivo. 

Diossine 
Pericolose, persistenti, capaci di infiltrarsi ovunque. 

Le diossine sono composte chimiche costituite da 4 atomi di carbonio e 2 di ossigeno, con 2 doppi legami che formano un anello.  

Facciamo subito chiarezza: il termine “diossina” è usato impropriamente per indicare il composto tossico TCDD (la cui tossicità è molto più alta del cianuro e della stricnina). In dosi non letali, può provocare una malattia sfigurante della pelle chiamata cloracne.  

Le diossine propriamente dette sono invece sottoprodotti industriali inquinanti che persistono a lungo nell’ambiente e, a causa della loro solubilità nei grassi, possono entrare nella catena alimentare (si accumulano, per esempio, nei tessuti dei pesci). Gli studi hanno mostrato come un’esposizione prolungata a questa sostanza (per esempio se si consuma regolarmente pesce contaminato) possa causare danni al sistema nervoso, indebolire le difese immunitarie e aumentare l’incidenza di aborti.  

Non solo: la diossina è risultata teratogena, ossia in grado di provocare malformazioni fetali nei piccoli animali e, seppur con minore frequenza, anche nei bambini. Per tutte queste ragioni, è stata classificata agente cancerogeno probabile (in laboratorio, è stata osservata una maggior incidenza di cancro al fegato e al polmone). 

Un esempio drammatico dell’impatto della diossina è l’incidente di Seveso. Nel 1976, l’esplosione di un impianto chimico provocò la diffusione nell’atmosfera di una quantità di diossina calcolata tra le 22 e 132 tonnellate. La nube tossica causò la morte di molti animali e molte persone furono soggette a dermatiti. Studi condotti anni dopo hanno rivelato anche effetti nel lungo termine, come problemi nello sviluppo dei denti nei bambini e un indebolimento del sistema immunitario. 

Eicosanoidi 
Sapevi che éikosi, in greco, significa 20? 
Gli eicosanoidi sono molecole composte da 20 atomi di carbonio (da cui prendono il nome) che derivano da acidi grassi polinsaturi, principalmente dall’acido arachidonico. 

Queste molecole sono responsabili della comunicazione tra le cellule e agiscono come ormoni ad azione locale; quindi, controllano i processi infiammatori nel nostro corpo. 

Gli eicosanoidi più studiati sono senz’altro le prostaglandine. Ne esistono più di 30 tipi, suddivisi in 3 famiglie: le PG1 e PG2 derivano dai grassi Omega-6 (il cui capostipite è l’acido linoleico), la PG3 dai grassi Omega-3 (il cui capostipite è l’acido linolenico). 

Le prostaglandine più preziose, quelle che hanno un maggior effetto sulla salute, sono le PG1 e le PG2. Le prime (soprattutto la PGE1) svolgono le seguenti funzioni: 

  • abbassano la pressione sanguigna, favoriscono la rimozione del sodio, combattono la ritenzione idrica; 
  • proteggono dall’insorgenza di trombi e infarti; 
  • inibiscono la risposta infiammatoria; 
  • migliorano il funzionamento dell’insulina e mantengono la glicemia costante; 
  • regolano il metabolismo del calcio; 
  • migliorano il funzionamento del sistema nervoso e del sistema immunitario. 

Le PG2 hanno invece una doppia natura, buona e cattiva: la PGE2 può causare ritenzione idrica, aggregazione piastrinica, infiammazioni e aumento della pressione, mentre la PGI2 è la “sorella buona” che agisce in modo simile alla PGE1. 

È interessante notare come l’evoluzione abbia influenzato il ruolo di queste sostanze. Quando l’uomo era ancora cacciatore, sicuramente eicosanoidi come la PGE2 potevano salvarlo nelle situazioni difficili (per esempio, aiutandolo a rimarginare le ferite). Oggi, che viviamo in un’epoca di benessere e di sedentarietà, possono diventare al contrario sostanze nemiche. 

Estere 
Quando un acido e un alcool reagiscono si ottiene un composto chimico chiamato “estere”. Il mondo degli esteri si divide in etil esteri e gliceril esteri: i primi costituiti da etanolo, i secondi da glicerolo.  

Il nome di questi composti segue una regola molto semplice: si prende il nome dell’acido e si modifica il finale con “ato”. Ed ecco che l’acido acetico diventa, per esempio, acetato di etile.  

La parte più affascinante di questi composti risiede nel loro profumo, che ricorda quello della frutta. Per questo vengono impiegati per creare aromi sintetici. 

Fosfolipidi 

Fosforo. È il componente principale di questi lipidi formati da una catena carboniosa che contiene, per l’appunto, uno o più atomi di fosforo. 

Immagina i fosfolipidi come i mattoncini che costruiscono le mura delle tue cellule: questi lipidi sono infatti costituenti essenziali delle membrane cellulari. 

Lipidi 
Sono insolubili nell’ambiente acquoso della cellula (preferiscono solventi organici come l’etere o il benzolo), sono più leggeri dell’acqua e hanno un punto di fusione basso. 

Parliamo dei lipidi, un gruppo eterogeneo di composti accomunati da queste caratteristiche. La principale è la bassa solubilità in acqua, che li rende perfetti per svolgere una delle loro funzioni biologiche più importanti: costituire l’elemento strutturale delle membrane che circondano le cellule e le separano in vari compartimenti. 

Per ordine, possiamo dividere la grande famiglia dei lipidi in due principali categorie: 

  • Lipidi semplici: formati esclusivamente da carbonio, idrogeno e ossigeno. Un esempio? I trigliceridi. 
  • Lipidi complessi: contengono, oltre a carbonio, idrogeno e ossigeno, anche azoto, fosforo e zolfo. Un esempio? I fosfolipidi. 

Da dove provengono questi preziosi costruttori molecolari? Li troviamo sia in prodotti alimentari di origine animale (burro, latticini, carni) che in quelli di origine vegetale (oli, noci, olive). 

Mercurio 
Una sfera argentea splendente, liquida a temperatura ambiente, sfuggente, estremamente duttile. Parliamo del mercurio (Hg), un metallo che in natura si trova in forma di goccioline aderenti al cinabro o nel minerale. 

Versatile come pochi altri, si presta a mille utilizzi: dalla creazione di esplosivi alla fabbricazione di barometri. Eppure si tratta di un metallo tossico e di un agente inquinante che si infila, silenziosamente, nella catena alimentare: si riscontrano tracce di mercurio nella maggior parte dei pesci e dei crostacei. 

Nell’acqua, il mercurio si trasforma in metilmercurio, una potente neurotossina. Quando mangiamo pesce contaminato, il metilmercurio si accumula nella circolazione sanguigna e può provocare seri danni, come l’ossidazione del colesterolo e l’aumento del rischio di attacco cardiaco nei soggetti predisposti. Inoltre, la sostanza permane nei tessuti e, nelle donne in gravidanza, può passare al feto, con potenziali conseguenze sulla capacità di apprendimento e sulla memoria del bambino. 

Un interessante studio condotto in otto paesi europei e in Israele ha messo in luce la relazione tra i livelli di mercurio presente nelle unghie dei piedi, il DHA presente nel tessuto adiposo e il rischio di infarto del miocardio. Sono stati analizzati 684 uomini ai quali era stata fatta una prima diagnosi di infarto del miocardio, e altri 724 uomini che costituivano il gruppo di controllo. 

I risultati parlano chiaro: il livello di mercurio rilevato nell’organismo è direttamente collegato al rischio di andare incontro a un infarto. Un’alta percentuale di mercurio può quindi compromettere l’effetto cardioprotettivo del consumo di pesce. 

Policlorobenzeni 
Scambiatori di calore nei trasformatori, plasticizzanti per la produzione di oggetti in polistirolo, inchiostri per la stampa, additivi per i pesticidi, agenti fissanti nel microscopio, ritardanti di fiamma. 

Sono davvero numerosi gli utilizzi dei policlorobenzeni (PCB). Parliamo di una classe di composti organici costituiti da atomi di cloro (da 1 a 10) legati a 2 benzeni. Il benzene (C6H6) è un idrocarburo costituito da 6 atomi di carbonio e 6 di idrogeno posti ciascuno al vertice di un esagono regolare, uniti da un legame semplice che si alterna a uno doppio. 

Proprio a causa della loro stabilità, i PCB sono incredibilmente resistenti e vengono degradati molto lentamente. Inoltre, non essendo solubili in acqua, risalgono la catena alimentare fino ad arrivare a noi. 

Pensa che un pesce che nuota in acque contaminate presenta livelli di PCB da 100 a 100.000 volte più alti rispetto a quelli dell’acqua stessa. I pesci sono infatti delle vere e proprie spugne che assorbono tutte le sostanze presenti nel mare: concentrano nei propri tessuti adiposi gli acidi grassi derivati dalle alghe (Omega-3 a catena lunga EPA e DHA) ma anche sostanze tossiche come mercurio, PCB e diossine.  

Gli effetti sulla salute? Evidenze sperimentali dimostrano che una prolungata esposizione a livelli elevati di PCB può provocare nelle persone danni al fegato, alla barriera cutanea, ai reni, allo stomaco e alla tiroide. 

Un gruppo di ricercatori ha anche preso in esame la salute dei bambini nati da donne che si erano nutrite regolarmente di pesci contaminati da policlorobenzeni provenienti dal lago Michigan. Rispetto al gruppo di controllo, in questi bambini era 3 volte più probabile riscontrare un quoziente intellettivo più basso della media, e 2 volte più probabile rilevare difficoltà di apprendimento e di lettura. 

Trigliceridi 
Sai quanti lipidi può contenere un mammifero? Un quantitativo compreso tra il 5 e il 25%, o più, del suo peso corporeo. Oltre il 90% di questi lipidi sono grassi. 

Negli esseri viventi gli acidi grassi vengono infatti immagazzinati prevalentemente sotto forma di trigliceridi, ossia grassi. Questi ultimi sono costituiti da una molecola di glicerolo e da 3 molecole di acidi grassi che possono essere saturi, monoinsaturi o polinsaturi. 

Ma dove vengono immagazzinati questi grassi? In cellule specializzate chiamate adipociti (quasi tutto il loro volume è riempito da un’unica goccia di grasso). Queste cellule costituiscono il tessuto adiposo degli animali, una riserva di grassi importantissima per la produzione di energia, di calore e per l’isolamento termico.