Sistema Cardiovascolare

Trigliceridi alti: contrastarli con gli omega-3 è possibile

Gli Omega 3 contrastano i trigliceridi alti!

L’eccesso di trigliceridi nel sangue rappresenta un pericolo per la salute essendo uno dei principali fattori di rischio cardiovascolare, insieme al colesterolo “cattivo”, alla pressione alta, alle cattive abitudini di vita e a particolari patologie o predisposizioni genetiche. Le malattie cardiovascolari, tra cui la malattia coronarica, rappresentano la maggior causa di morte tra adulti di negli anziani, nella maggior parte dei Paesi europei. Ridurre i “trigliceridi alti” è quindi una delle principali armi di prevenzione cardiovascolare e può essere ottenuta non solo grazie ai farmaci ma anche con l’adozione di uno stile di vita sano, in particolare con una alimentazione equilibrata, ad esempio incrementando il consumo di alimenti ricchi di omega 3, cioè pesce e alcuni semi oleosi. È nota infatti da diversi anni l’azione cardioprotettiva degli omega-3, che agiscono con diversi meccanismi sul controllo di colesterolo e trigliceridi alti.

I trigliceridi: cosa sono e quali funzioni hanno?

I trigliceridi  si trovano soprattutto nel tessuto adiposo, nel quale vengono accumulati all'interno di cellule specializzate, dette adipociti. I trigliceridi possono essere assunti con gli alimenti, sia di origine animale che vegetale, e essere formati dall’organismo stesso. Chimicamente essi appartengono alla famiglia dei lipidi, o grassi, e derivano dall'unione di una molecola di glicerolo con tre acidi grassi. Gli acidi grassi a loro volta si differenziano, in base alla loro lunghezza e alla presenza o meno di doppi legami, in acidi grassi saturi, monoinsaturi e polinsaturi.

Le lipoproteine

Come il colesterolo, anche i trigliceridi per essere trasportati nel sangue e raggiungere i tessuti corporei, devono legarsi a particolari proteine (Apoproteine), formando delle strutture chiamate lipoproteine. Queste particelle lipoproteiche differiscono tra loro per la composizione in lipidi e proteine e vengono classificate in base alla loro densità inI trigliceridi rappresentano una importante risorsa energetica per il corpo umano, essi infatti forniscono circa 9 kcal per grammo, rispetto alle 4 Kcal di carboidrati e proteine. 

  • Chilomicroni,
  • VLDL (lipoproteine a densità molto bassa)
  • LDL (lipoproteine a densità bassa)
  • IDL (lipoproteine a densità intermedia)
  • HDL (lipoproteine ad alta densità).

Qual è il livello ottimale di trigliceridi nel sangue? 

La quantità di trigliceridi presente nel sangue è detta trigliceridemia, ed è rilevabile con un semplice esame del sangue effettuato a digiuno. La concentrazione dei trigliceridi nel sangue è influenzata principalmente dalla dieta, dal sesso e dall'età. La normale concentrazione di trigliceridi nel sangue è compresa tra i 60 mg/dl e i 150 mg/dl. Quando la concentrazione supera questo ultimo valore, ci si trova in una condizione detta di ipertrigliceridemia che può essere più o meno grave:

  • Trigliceridi normali:  < 150 mg/dl
  • Trigliceridi border-line: 150-199 mg/dl
  • Trigliceridi alti: 200 - 499 mg/dl
  • Trigliceridi molto alti: > 500 mg/dl

Le cause dei trigliceridi alti 

L’ipertrigliceridemia nella maggior parte dei casi, soprattutto quando è compresa tra i 150 e i 199 mg/dl, è dovuta a uno stile di vita non corretto, in particolare ad un’alimentazione sbilanciata e al consumo di alcol. I casi dovuti a disfunzione genetiche, come l’ipertrigliceridemia famigliare, sono invece molto rari (circa un caso su mille). In generale, le principali cause dei trigliceridi alti nel sangue sono:

  • sovrappeso o obesità
  • sedentarietà
  • fumo di sigaretta
  • abitudini alimentari scorrette
  • diabete mellito
  • abuso di alcol
  • patologie renali
  • epatite virale
  • assunzione di farmaci (contraccettivi ormonali, glucocorticoidi)
  • fattori genetici

Conseguenze dell’ipetrigliceridemia

Una concentrazione elevata di trigliceridi nel sangue favorisce l’insorgenza di malattie come la pancreatite e soprattutto disturbi cardiovascolari, quali l’angina, l’aterosclerosi, l’infarto, e l’ictus. In particolare, i trigliceridi alti possono favorire la formazione di placche aterosclerotiche, ossia ispessimenti delle pareti interne delle arterie, che ostacolano il flusso sanguigno causando l’aterosclerosi e altre patologie a carico del cuore e dei vasi sanguigni. Questa relazione è particolarmente valida quando l'ipertrigliceridemia si accompagna ad altri fattori di rischio, come l'aumento del colesterolo LDL (“colesterolo cattivo”) e la riduzione delle HDL (”colesterolo buono”). L'analisi dei trigliceridi ematici viene solitamente accoppiata a quella del colesterolo totale, di quello LDL e di quello HDL, proprio per valutare il rischio cardiovascolare.

Come abbassare i trigliceridi?

Oltre a ridurre o, meglio eliminare, i fattori di rischio come il fumo, l’alcol e la sedentarietà, molta attenzione va prestata all’alimentazione. In caso di trigliceridi alti è bene: 

  • Limitare le calorie assunte correggendo l‘eventuale sovrappeso o l’obesità
  • Ridurre il consumo di zuccheri semplici (dolci, frutta disidratata)
  • Limitare il consumo di cibi ricchi di grassi saturi, come latticini e la carne rossa
  • Evitare i grassi idrogenati, contenuti negli snack e nei prodotti da forno
  • Consumare alimenti ricchi di antiossidanti
  • Non esagerare nel consumo di carboidrati che, in eccesso, vengono trasformati in trigliceridi e immagazzinati nel tessuto adiposo
  • Consumare pescericco di acidi grassi polinsaturi, almeno 2-3 volte a settimana.
     

Sono molti gli studi che confermano gli effetti benefìci dell’assunzione di pesce sul metabolismo dei grassi e sul rischio cardiovascolare (leggi qui). È stato dimostrato che per ottenere una riduzione della concentrazione dei trigliceridi del 30% è necessario assumere dai 120 ai 320 grammi al giorno di pesce.Questa azione è dovuta alla presenza degli acidi grassi polinsaturi omega-3. È stato ampiamente dimostrato, infatti che la somministrazione di acidi grassi della serie omega-3 porta ad una riduzione significativa della concentrazione dei trigliceridi nel sangue.

Omega-3 contro i trigliceridi alti

L’ interesse del mondo scientifico nei riguardi degli acidi grassi polinsaturi omega-3 si deve ad alcuni studi epidemiologici realizzati intorno alla metà degli anni ‘70. Proprio in quegli anni, fu osservato che nelle popolazioni di eschimesi dell’Alaska, della Groenlania (Inuit) e nei nipponici residenti nelle zone costiere, l’incidenza di ischemia era inferiore a quella osservata tra gli eschimesi emigrati in paesi industrializzati e a quella dei giapponesi che vivevano nell’entroterra. Dal confronto della mortalità tra gli Inuit della Groenlandia e la popolazione danese emerse che il rischio cardiovascolare nei primi era 10 volte inferiore rispetto ai quello dei secondi e che gli Inuit seguivano una dieta a base di pesce grasso e 5 volte più ricca in omega-3. Da allora numerose ricerche hanno confermato il legame tra l’assunzione di omega-3 e la riduzione del rischio cardiovascolare.

Ma cosa sono esattamente gli acidi grassi omega-3?

Come già accennato, gli omega-3 sono acidi grassi polinsaturi, ossia contenenti una lunga catena di atomi di carbonio, in parte tenuti insieme da legami semplici ed in parte da doppi legami. In natura esistono vari tipi di omega 3, tra questi i più importanti sono l’acido alfa linolenico (ALA), l’acido eicosapentaenoico (EPA) e l’acido docosaesaenoico (DHA). Questi ultimi due sono contenuti in quantità rilevanti nelle specie di pesce che vivono nei mari freddi: salmone, tonno, sardine, acciughe, sgombri, aringhe. Un etto di salmone, ad esempio, contiene 560 mg di omega-3. Le fonti principali di ALA sono invece i vegetali a foglia verde come gli spinaci, i legumi, la frutta secca, gli oli vegetali come quello di lino e di soia.

L’ALA un acido grasso essenziale, cioè che non può essere sintetizzato dall’organismo ma può essere solo assunto tramite gli alimenti. Esso è il precursore del DHA e dell’EPA, ma nell’uomo gli enzimi necessari a convertire l’acido alfa linoleico negli altri due omega-3, sembrano non essere completamente efficienti, e tale meccanismo viene utilizzato solo in minima parte. Per questo il consumo di alimenti contenenti EPA e DHA tramite l’olio di pesce, è importante per mantenere un livello ottimale delle due molecole.

Rapporto tra omega-3 e omega-6

L’efficienza della conversione di ALA in EPA e DHA è limitata anche dalla presenza di elevati livelli dei acidi grassi polinsaturi omega-6, questo perché gli enzimi che li trasformano, “riconoscono” sia gli omega-3 che gli omega-6. Quando l’alimentazione è troppo ricca di questi ultimi gli enzimi agiscono sull’ ALA in modo poco efficace compromettendo la formazione di EPA e DHA. Nei paesi occidentali questa condizione è molto comune, in quanto il rapporto tra omega-6: omega-3 assunti con la dieta è pari a 15:1. Questo squilibrio è dovuto principalmente all’elevato consumo di alimenti ricchi in omega-6, come l’olio di semi, e al limitato consumo di pesce, ma anche alla minor quantità di omega-3 nel pesce di allevamento rispetto a quello pescato.

Il meccanismo d’azione degli omega-3 sui trigliceridi nel sangue

La riduzione della trigliceridemia in seguito al consumo di omega-3 avviene grazie a diversi meccanismi. EPA e DHA riducono la produzionedelle lipoproteine ricche in trigliceridi (chilomicroni e VLDL) e ne accelerano la rimozione. In particolare, a livello delle cellule del fegato, gli omega-3 rallentano la sintesi di una apolipoproteina, la parte proteica delle VLDL, detta ApoB. Ne consegue una ridotta immissione nel circolo sanguigno dei trigliceridi. L’aumentata rimozione dei trigliceridi invece, è dovuta alla capacità degli omega-3 di aumentare l’attività un enzima, detto lipasi lipoproteica, che si trova nel tessuto interno dei vasi sanguigni, e che favorisce la rimozione dei trigliceridi dal sangue scindendoli nei componenti singoli (acidi grassi e glicerolo).

Qual è il consumo di omega-3 ottimale per proteggere la salute del cuore?  

In Europa, nel nuovo regolamento UE N. 432/2012 del 16 maggio 2012 si stabilisce che:

  • il mantenimento della pressione sanguigna normale è ottenibile con una dose di 3 g al giorno di EPA e DHA.
  • il mantenimento di concentrazioni di trigliceridi a digiuno è necessario assumere invece 2 g al giorno di EPA e DHA.

Inoltre, lo stesso regolamento stabilisce che gli omega-3 “Contribuiscono alla normale funzione cardiaca” con un dosaggio di EPA o DHA di 250 mg al giorno”.

Omega-3; meglio da pesce o dagli integratori?

Per essere sicuri di consumare le dosi giornaliere raccomandate di EPA e DHA è necessario consumare dai circa 200 grammi di pesce grasso al giorno tutti i giorni, una condizione non sempre realizzabile. L’elevato consumo di prodotti ittici tra l’altro aumenta la probabilità di assumere i contaminanti in essi contenuti, come ad esempio i metalli pesanti, tra cui il mercurio che è molto pericoloso per la salute. Questo problema può essere evitato assumendo integratori di omega-3 estratti per purificazione da tessuti muscolari di pesce grasso.  L’olio di questi integratori è dunque privo di sostanze dannose.

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